Il circo capovolto. La memoria bella
Viene fuori dall’omonimo romanzo di Milena Magnani l’originale intuizione che l’attore Andrea Lupo ha messo in scena il 29 gennaio scorso, presso il teatro Nobelperlapace.
Il circo capovolto viene sapientemente presentato al pubblico sotto forma di monologo folklorico del protagonista Branko, che ha però come sfondo una storia di emarginazione sociale, povertà e vendetta.
Branko è un Rom di origini ungheresi che si presenta a noi molto spaesato, immerso solo nel “freddo, buio e silenzio”. Con il graduale recupero della sua memoria, veniamo a scoprire che è stato appena assassinato con sette significativi colpi alla schiena. A parlarci è la sua anima che, secondo le credenze popolari Rom, rimane per sette giorni a vegliare sul proprio corpo affinché tutti i rituali di sepoltura siano rispettati a dovere.
Con un ricercato gioco di luci, Branko ci porta di tanto in tanto nel suo recente passato, dove ci racconta del suo arrivo nel campo profughi, della sua emarginazione interna al campo, del suo felice incontro con sette bambini, ai quali racconta la storia dei suoi dieci scatoloni, e infine, ricorda il suo assassinio. Il fatto è collegato a un passato più lontano che vede come protagonista il nonno di Branko, Nap apó, capo del circo errante Kék Cirkusz. Durante la Seconda guerra mondiale, il circo di zingari viene tradito da Laszlo e consegnato ai nazisti. Vengono tutti sterminati tranne il piccolo figlio di Nap apó, il padre di Branko. Lo stesso protagonista, in preda alla vendetta, trova e uccide il vecchio Laszlo sotto gli occhi increduli del nipote. Sarà proprio lui a uccidere Branko, compiendo così la propria vendetta.
Nei momenti di quasi totale buio ci troviamo nel presente, dove l’anima di Branko tenta, invano, di mandar via una dei sette bambini a lui cari, per evitarle la cruda scena del suo corpo immerso nel sangue. Branko aveva raccontato loro la gloriosa storia del Kék Cirkusz, ora rinchiuso nelle sue dieci scatole. Una storia fatta di felicità condivisa, gioia da vendere e calore familiare.
In scena troviamo unicamente l’attore, che recita brillantemente l’intero dramma in uno slang italiano comunemente parlato da un uomo dell’est, che porta spesso a qualche risata di divertita compassione. Circondano Branko sette lampadine a semicerchio, uno dei dieci scatoloni e la musica della fisarmonica che porta colore nei flashback, mentre nel presente troviamo solo “freddo, buio e silenzio”.
Il tentativo di Andrea Lupo, messo in scena dal regista Andrea Paolucci, è quello di far emergere, a pochi giorni dalla Giornata della Memoria, dei ricordi che siano caldi, lucenti ed eclatanti. Ricordi ridotti a memoria dalla violenza umana che sul palco si presenta senza colore politico.
La violenza non ha partito. La memoria che si deve ricordare è quella bella, ormai perduta. I ricordi belli. Questo tenta di suggerirci, con enorme passione, Andrea Lupo.
Pier Francesco Cicerchia
(recensione, nell’ambito del laboratorio Strade Off, dello spettacolo di Strade 2017)
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Il circo capovolto
Liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Milena Magnani
di e con Andrea Lupo
diretto da Andrea Paolucci
disegno luci e suoni Andrea Bondi
una produzione Teatro delle Temperie
in collaborazione con Teatro dell’Argine